L’ultimo scandalo del petrolio in
Basilicata, che coinvolge anche il governo
nazionale, dimostra come la nostra Regione sia stata, da oltre un
ventennio, luogo prevalentemente di sfruttamento e non terra da salvaguardare e
valorizzare per le sue vocazioni naturali. L’attività estrattiva che inizia
negli anni ’60 con l’estrazione del gas nel territorio lucano ha portato
inquinamento materiale, ma ha contaminato negativamente anche alcuni livelli
istituzionali e diversi partiti politici che in nome dell’industrializzazione a
prescindere… hanno contribuito a stravolgere l’immagine di una terra
naturalmente ricca per la singolarità del suo patrimonio boschivo , per la
purezza delle sue acque, per le spiagge , per le fertili terre di pianura e di
collina; certo era ed è purtroppo ancora terra di sfasciume idrogeologico, ma
anche ricca di luoghi carichi di millenni di storia, di tradizioni e cultura.
Gli ultimi lustri ci consegnano un paesaggio agrario degradato, sfigurato.
Terre inquinate dall’attività estrattiva e dall’indotto in nome di uno sviluppo
che nega il progresso delle comunità. Si passa da una sana condizione di
ruralità dalle elevate potenzialità agro-turstiche, ad uno stato di industrializzazione
del “fossile” finalizzato alla crescita e all’espansione dell’industria privata
e si rafforza l’idea che la disoccupazione trovi soluzione con l’ industrializzazione e la coltivazione degli
idrocarburi, attraverso la creazione di un nuovo indotto e il potenziamento del
terziario. Si fa strada un nuovo modello
di sviluppo che deve rottamare il vecchio ed imporsi come nuovo: cioè
artificiale, intelligente, innovativo che crea immediatamente ricchezza,
utilità. Per chi? Alcuni indicatori ci dicono invece che il reddito medio dei
lucani è fra i più bassi del Paese; che la disoccupazione giovanile riflette il
valore medio del Mezzogiorno (circa il 48%); che la ricchezza reale al netto di
quella riveniente dalla SATA e dall’ attività estrattiva è in calo; che la
superficie agricola utilizzabile si è ridotta, così come è in fase di
contrazione la consistenza numerica delle aziende del settore primario. Scompaiono
le piccole e medie attività commerciali ed artigianali che pur rappresentavano
e caratterizzavano le molte comunità lucane. Il livello di istruzione
(diplomati, laureati) è di gran lunga inferiore al trend medio nazionale. La
viabilità e collegamenti fra i centri abitati e il mondo rurale versano in uno
stato di degrado pauroso. I servizi, i tribunali , gli uffici vengono
smantellati; la rete ospedaliera e i presidi della sanità pubblica ridimensionati.
La messa in sicurezza del territorio dimenticata. Continua l’esodo non solo dalle
campagne, ma anche dalle città. I giovani in cerca di lavoro vanno via e molti
di essi non fanno più ritorno nella terra natia perché hanno compreso che il
modello di sviluppo basato sull’industrializzazione e sullo sfruttamento del
fossile si è rivelato fallimentare sia sul piano economico che sociale. Contemporaneamente a
causa e per effetto dell’insediamento dell’attività industriale ed estrattiva,
si fa strada un nuovo tipo di cultura egemonizzante che si consolida in quella del “vuoto a perdere” e dell’utilizzo dei fondi pubblici, non per
creare benessere ed elevazione materiale e morale dei lucani, ma per sfruttare
e rapinare il territorio; condizione,(…sine qua non per alcuni partiti e alcuni
livelli istituzionali) atta a consolidare il potere per il potere attraverso
l’istituzione di nuovi enti, agenzie, compagnie, consorzi, gestioni
familiaristiche e clientelari. Il processo di consolidamento e di espansione
dell’industria estrattiva e logicamente dell’indotto funzionale passa anche
attraverso la pratica del voto di scambio che è diventato purtroppo fenomeno
diffuso e linfa vitale per vecchi e nuovi partiti dominanti. In sintesi il
tanto decantato “modello lucano” da imitare non è che una “Carta sporca” del decisionismo, del fare
e del lasciar fare, e del fare presto a prescindere…
La scelta politico-economica
dell’industrialismo come scelta strategica si è rivelata nel complesso e nella
risultante ultima come scelta imposta dalle compagnie petrolifere il cui unico
interesse è il monopolio del fossile. Gli scandali e non ultimo le dimissioni
di Ministri sono la manifesta, tangibile espressione di una consorteria fra una
classe politica con ambizioni maggioritarie ben sostenuta dai mass-media e le
lobby del potere economico e finanziario che non vogliono conoscere né limiti e
né confini. Questo spiega le ragioni per cui molte buone leggi italiane
diventano carta straccia e/o annullate da decreti, da emendamenti che
perseguono fini tutt’altro che di interesse generale o come dicono lor signori
“strategici”.
In definitiva chi ha sostenuto e
sostiene il processo di sfruttamento del fossile non ha voluto, più che saputo, conciliare gli interessi delle
politiche industriali con le potenzialità e la vocazione agricola e turistica
dell’intero territorio lucano (ruralità, ambiente, parchi, riserve, storia,
archeologia, cultura, ecc..).
È sotto gli occhi di tutti il livello
di dominio dell’industrialismo, corrotto e corruttore, su altri settori
produttivi e in primo luogo sul primario, tanto che mal si sopporta il
rinnovato interesse per le tendenze agrariste che ripropongono la valenza
economica, sociale e culturale del settore primario quale fattore
indispensabile e prioritario per il riscatto di intere aree, comprese quelle
marginali
Nella regione Basilicata esistono
risorse materiali e morali per dare
inizio ad un nuovo percorso e definire un nuovo “Modello di Sviluppo” basato
sulla valorizzazione delle risorse naturali e sulla diffusione di modelli
produttivi agro-ambientali conservativi in grado di produrre nuova ricchezza alimentare di qualità e idonei ad integrarsi
con le diverse realtà turistiche organizzate, dal mare ai monti utilizzando al
meglio la ricerca e le innovazioni tecnologiche.
Si tratta cioè di attuare un nuovo
sistema integrato nelle sue diverse componenti, all’interno del quale si
riaffermi il rapporto uomo-ambiente-sviluppo sostenibile nel quadro dei valori
della Costituzione Italiana.
IL PORTAVOCE DI TAVOLO VERDE BASILICATA
11/04/2016
FRANCESCO M. MALVASI
Documento
dell’assemblea pubblica tenutasi il giorno 10 aprile 2016 a Marconia presso la
Casa Canonica di San Giovanni Bosco